Settembre 2016
Improvvisamente tutti si scoprono interessati, preoccupati, allarmati per l’acquisizione di una multinazionale essenzialmente basata in USA da parte di un’altra multinazionale essenzialmente basata in Europa. Prima erano arrivati i cinesi ChemChina a comprarsi Syngenta. Facile attaccare i cinesi. Ora accaniti liberisti o neo convertiti si preoccupano del destino della biodiversità nei campi o del futuro delle rare e care pannocchie di mais maranino minacciate dagli OGM “MONSANTO” coltivati in Italia illegalmente. Resta una domanda senza risposta: perché un’impresa, che controlla meno del 3% del mercato mondiale delle sementi, si compra un’altra impresa che ne controlla direttamente più di un quarto? Per aggiudicarsi con un sol colpo una parte di mercato così importante? Troppo semplice.
Malgrado le informazioni di quanta parte di mercato delle sementi un ‘impresa effettivamente controlli siano spesso incomplete, quello che sappiamo (vedi un documentato rapporto del Parlamento Europeo del 2014) può essere facilmente riassunto. Il mercato delle sementi della UE è il terzo mercato mondiale, vale oltre il 20% del mercato globale. La UE è preceduta da USA e da Cina, che è ovviamente il primo mercato – per la semplice estensione del paese. Nel dettaglio, però, delle singole coltivazioni, spesso le “imprese europee” hanno posizioni di dominio rispetto ad imprese non europee. In UE, il potere di mercato è estremamente concentrato nelle mani di pochissimi gruppi che oltre alle sementi controllano anche la produzione agrochimica, farmaceutica e di fortificanti nutrizionali, almeno in alcuni casi. Tutto risaputo, evidentemente.
La vera differenza tra le imprese sementiere europee e quelle del resto del mondo è la loro potente capacità di scrivere e riscrivere i quadri normativi che hanno favorito e favoriscono il loro processo di concentrazione e dominio, non solo in Europa[1]. La concentrazione è lo strumento necessario a garantire stabilità nei profitti che di questi tempi è il valore più alto di qualsiasi impresa: garantire gli investotori. Ed è risaputo che il loro “potere di mercato” non è il risultato delle “leggi del mercato e della libera concorrenza” ma delle politiche pubbliche (nel caso dell’Unione Europea, di direttive e regolamenti) che “spianano la strada” ad alcune di loro per crescere ed ad altre imprese impediscono la loro stessa sopravvivenza (basta, come miglior esempio, analizzare la presenza di imprese sementiere a capitale italiano nel mercato delle sementi in Italia). Capaci di far allargare le maglie per la concessione di brevetti industriali su forme viventi, capaci di imporre – per il momento ancora un tentativo – una deregolazione della normativa relativa all’ingegneria genetica (sotto la forma di NBT) per mantenere il brevetto ed estenderlo ai “caratteri nativi” ma escludere – allo stesso tempo – l’etichettatura dei “nuovi” OGM. Ad oggi non ci sono nuove piante GM con successo economico mentre stanno aumentando le richieste di brevetto europei di varietà ottenute con metodi convenzionali aiutati da marcatori molecolari che accelerano la selezione.
Più pericolose della Monsanto, questo stesso concerto di monopoli europei agisce a livello globale.
Le stesse industrie, e la ricerca pubblica che le sostiene, stanno da tempo sviluppando una strategia coerente per aggredire nuovi mercati nei paesi cosiddetti in via di sviluppo, in particolare dell’Africa (che raddoppierà la sua popolazione nei prossimi anni e, quindi, presumibilmente almeno la produzione agroalimentare), dove – grazie ai soldi della cooperazione internazionale – si stanno costruendo quadri legislativi in questi paesi capaci di garantire la conquista di quello che al momento è potenzialmente il migliore mercato per la vendita del pacchetto tecnologico: sementi e agrochimica. In effetti già da alcuni anni le imprese sementiere lamentano che “almeno il 75 % delle sementi utilizzate in Africa” non sono “legali”. Sono sementi contadine. Un potenziale mercato che non ha confronti oggi nel pianeta se riescono a mettere fuorilegge, appunto, le sementi contadine.
E come diceva un co-presidente della Monsanto nel lontano 1996 “Quello che sta succedendo non è solo un consolidamento delle aziende sementiere, è davvero un consolidamento [del controllo] di tutta la catena alimentare” [2]– Robert Fraley (co-presidente di Monsanto’s Agricolture Sector) [in Farm Journal -1996] questa è la partita che si gioca la BAYER e più in generale il gruppo di multinazionali “europee” che coprono l’ampio spazio industriale racchiuso tra produzione agricola, cibo, nutrizione e salute. A cui va aggiunta, per aumentare l’impatto dell’onda d’urto che questo affare produrrà, la presenza interessata di banche d’affari, le prime del pianeta, che garantiscono fondi d’investimenti speculativi e la loro logica, a sostegno dell’acquisizione della Monsanto da parte della Bayer.
E, da ultimo, non va dimenticato che in generale i prezzi delle sementi per gli agricoltori, nella UE, hanno una crescita costante. Per questo, oggi, come tutti gli anni, dopo averlo ben oliato ed ingrassato, abbiamo riavviato il nostro vecchio svecciatoio per cominciare a preparare – come molti contadini in altri paesi – le nostre sementi di grano. Bayer e Limagrain non ne sono contente, così come l’associazione delle industrie “italiane” delle sementi, ma, di sicuro, non ce ne preoccupiamo anche se sappiamo che cercheranno anche qui di farci dichiarare “illegali”.
[1] “…The European Commission has been accused of drafting the seed marketing law 1 to benefit the big seed lobby, who in turn claim they are not a big lobby but a multitude of some 7000 medium and small players. The DG SANCO of the European Commission routinely contradicts itself when its representatives state quote industry figures that there is no concentration in the EU market(s), while in their own impact assessment for the Seed marketing regulation they state that 95% of the vegetable seed sector is controlled by a mere 5 companies…” (EP, 2014)
[2] “ What you’re seeing is not just a consolidation of seed companies, it’s really a consolidation of the entire food chain”