Nel pomeriggio, il negoziato è entrato in stallo su alcuni articoli della sezione riguardante gli investimenti, che sono stati rimandati alla discussione dei “Friends of the Chair” (si tratta di una riunione tra alcuni soggetti scelti dal presidente del negoziato per la discussione di punti controversi del testo al fine di produrre una nuova proposta da presentare all’assemblea plenaria).
Il contrasto riflette la diversa visione degli stati e dei delegati della società civile su due temi fondamentali.
La prima questione riguarda la responsabilità degli investitori pubblici e privati nei riguardi delle popolazioni che risiedono sulla terra oggetto di investimenti; i delegati della società civile cercano soluzioni che aumentino il coinvolgimento della popolazione nelle scelte che riguardano l’utilizzo delle risorse del territorio, mentre diversi governi dichiarano di non volere o non potere intervenire su scelte che riguardano la sfera economica e che andrebbero ad intaccare la sfera dell’iniziativa privata.
Il secondo problema riguarda la tutela dei diritti informali e consuetudinari, legati o meno all’utilizzo di risorse pubbliche. Se alcuni stati tentano di eludere il problema legando gli articoli della direttiva alle leggi nazionali e internazionali, la società civile preme invece per inserire l’unico riferimento legislativo esistente a riguardo, ovvero la legislazione internazionale sui diritti umani. Questo passaggio è particolarmente delicato perché coinvolge anche gli investimenti di alcuni stati nei confronti delle terre di stati esteri, si pensi ad esempio ai grandi investimenti realizzati dalla Cina in Africa negli ultimi anni.
Una buona notizia riguarda invece il primo riconoscimento legislativo delle “ancestral lands” ossia delle terre dei popoli indigeni, quindi un passo importantissimo per la tutela dei diritti sulla terra che le comunità occupano tradizionalmente.