ARI e Crocevia chiedono una vera legge sull’agricoltura contadina
Associazione Rurale Italiana e Centro Internazionale Crocevia giudicano insufficiente la legge sull’agricoltore custode approvata in via definitiva nella Commissione Agricoltura del Senato. Le associazioni chiedono invece di riavviare urgentemente l’iter parlamentare della Legge per l’agricoltura contadina, un testo presentato dieci anni fa grazie alla mobilitazione delle organizzazioni di produttori di piccola scala. La legge rappresenterebbe infatti un importante e concreto passo avanti nel riconoscimento della figura del contadino e nella definizione di misure specifiche per un tipo di agricoltura contadina su piccola scala, rivolta al mercato locale e basata prevalentemente sul lavoro familiare. Oggi questo modello riguarda circa 800 mila aziende agricole italiane, tuttavia trascurate dalle politiche pubbliche e dal meccanismo degli aiuti.
L’approccio promosso dalla legge sull’agricoltura contadina è completamente diverso rispetto alla legge sull’agricoltore custode, che non contiene politiche di sostegno, ma solo enunciazioni di principio non condivise dalle associazioni.
“La norma, che definisce un generico ‘agricoltore’ come custode del territorio, è una grossolana semplificazione che non rende giustizia alla diversità dei sistemi agricoli che caratterizza il nostro paese – spiega Fabrizio Garbarino, presidente dell’Associazione Rurale Italiana – Il Parlamento ha quindi approvato una legge testimoniale, che non offre nessuna linea strategica per il supporto all’agricoltura di piccola scala e familiare che caratterizza la gran parte delle aziende attive nel settore primario in Italia”.
Differenziare le agricolture
Mettendo tutti gli agricoltori sullo stesso piano, infatti, la legge ha l’effetto paradossale di negare il ruolo chiave dei contadini nella conservazione e riproduzione della biodiversità agricola, la profonda differenza fra agricoltura contadina e agricoltura industriale e le diverse politiche che dovrebbero normare il comparto.
“Questo modo di legiferare è ozioso e inadeguato a gestire le sfide che l’agricoltura si trova ad affrontare oggi – aggiunge Stefano Mori, direttore del Centro Internazionale Crocevia – Mentre la proposta di legge sull’agricoltura contadina giace in Parlamento da quasi dieci anni, si passano norme prive di un reale contenuto politico e di visione strategica. I contadini non hanno bisogno di pacche sulle spalle, ma di politiche pubbliche di sostegno e di una redistribuzione dei sussidi”.
“Riteniamo che occorra un nuovo quadro normativo che contenga gli elementi fondamentali per inquadrare l’agricoltura contadina e le sue caratteristiche specifiche – aggiunge Mori – favorendo la transizione verso modelli agroecologici di produzione e ricevendo le indicazioni contenute nella Dichiarazione ONU sui diritti dei contadini e delle persone che lavorano nelle aree rurali”.
L’insegnamento di UNDROP
Nonostante sia stata sostenuta dalla maggioranza dell’Assemblea generale dell’ONU, infatti, oggi la Dichiarazione (UNDROP) è disattesa in molti paesi. Tra questi c’è l’Italia, dove la mancata protezione e promozione dei diritti dei contadini è riscontrabile nella scandalosa assenza di politiche pubbliche di supporto. Il dato più evidente è quello sulla distribuzione degli aiuti della Politica agricola comune (PAC). L’80% de fondi per il sostegno al reddito va infatti al 20% delle aziende agricole di grande dimensione. Alle piccole e medie restano invece meno di 5 mila euro l’anno, un’elemosina che non permette di integrare redditi già al limite della sostenibilità. Nel frattempo, la regolamentazione è tutta a favore dell’agricoltura industriale, la produzione di monocolture fornite da grandi imprese sementiere, e allevamenti intensivi. Questa impostazione sta portando l’Italia ad abbandonare una produzione più ecologicamente sostenibile e orientata al mercato locale, come emerge dai dati dell’ultimo censimento ISTAT che fotografano un crollo del numero di aziende agricole.
“Una tale mancanza di visione politica è figlia dell’incapacità dei governi di ascoltare voci diverse da quelle delle principali associazioni di categoria – denuncia Garbarino – Queste organizzazioni hanno ormai abbandonato, come si vede nelle proteste di piazza degli agricoltori, la tutela delle piccole e medie aziende, per seguire una strada di integrazione verticale basata sull’export di pochi grandi player, sull’industrializzazione dell’agricoltura e la finanziarizzazione delle loro strutture. Chiediamo al Parlamento di affrontare il tema della rappresentanza nel comparto agricolo, promuovendo una maggiore partecipazione delle organizzazioni che difendono l’agricoltura contadina e le sue specificità”.