Nel lontano 983 Lazise divenne il primo comune d’Italia, ottenendo dall’imperatore Ottone II la piena autonomia civica, alla pari di Bingen in Germania.
Bingen am Rhein è una cittadina di oltre 20mila abitanti sulle rive del fiume Reno, anch’essa dedita alla viticoltura e al turismo, ed è il maggiore centro del circondario rurale (Große kreisangehörige Stadt). I “distretti rurali” in Germania sono dei gruppi di comuni localizzati nella stessa area geografica, organizzati in modo da ottimizzare servizi e lavori pubblici, garantendo anche ai piccoli villaggi pari dignità consentendo loro di mantenere la vocazione agricola o turistica in una logica solidale e federale, riducendo le spese e preservando sia la qualità del paesaggio che la sovranità alimentare per le generazioni future.
In Italia invece il concetto di federalismo sembra basarsi sulla competitività piuttosto che sulla solidarietà, e le province sembrano incapaci di coordinare le programmazioni comunali con le indicazioni del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP).
Alcuni esempi sono la polverizzazione delle zone industriali e artigianali a ridosso di ogni paese, col conseguente intasamento viabilistico di mezzi pesanti, oppure la proliferazione dei centri commerciali e dei supermercati oltre ogni limite di effettiva necessità.
E’ arrivato il momento di abbandonare il concetto che “tanto ce n’è per tutti”, imparando magari dai tedeschi. Mentre la Germania già dal 1998 si è dotata di una legge che contiene l’espansione urbanistica, fissando una soglia di 30 ettari al giorno di consumo di suolo agricolo (legge Merkel), in Italia questo dato si attesta sui 100 ettari giornalieri. La ragione di questo inarrestabile consumo è imputabile alla speculazione edilizia, alla Mafia e al malgoverno, ma anche all’organizzazione del sistema fiscale italiano, che non dà alle municipalità i fondi sufficienti per renderli capaci di garantire i servizi basilari alla popolazione. Va anche detto che questa situazione fa comodo a tutti, ragion per cui le riforme sono puntualmente rimandate alla prossima legislatura, o alla prossima repubblica.
Dicevamo, Lazise primo comune d’Italia.
Mille anni dopo la sua nascita, nel 1980 il comune si dotò di un PRG (Piano Regolatore Generale) che cambiava la millenaria storia urbanistica di queste terre amene, con un volume previsto di nuove costruzioni di 590.000 metri cubi, dei quali rimangono ancora da edificare 54.000 mc.
Nel 2009 Lazise si dota di un PAT (Piano d’Assetto Territoriale). Pochi giorni fa è stato invece varato il 3° PI (Piano degli Interventi) che è lo strumento urbanistico di attuazione del PAT e che dovrebbe individuare e disciplinare gli interventi di tutela, valorizzazione, organizzazione e trasformazione del territorio.
Ma i conti non tornano.
Il sindaco Franceschini, di professione commercialista, dimostra scarsa dimestichezza con i numeri. Sebbene i numeri citati in aula dalle opposizioni diano torto ai tecnici e alla sua distratta maggioranza, egli, definendo Lazise “un comune virtuoso”, sembra aver fatto propria la risposta di Menone, che, interrogato da Socrate su quale fosse la sua definizione di “Virtù” dell’uomo (andròs areté), rispose: “è essere capace di svolgere attività politica (ta tes poleos pràttein) e così fare del bene agli amici e del danno ai nemici”. Secondo le opposizioni infatti, l’individuazione delle aree interessate dai numerosi accordi pubblico/privati hanno una unica peculiarità, quella della titolarità, poiché anche in condizioni di fragilità rilevabili sull’apposita tavola del PAT, si ripropone un lungo elenco di accordi di “bassissimo profilo”, a partire dal canneto sulle rive del Lago di Garda, che verrà trasformato in mega porto turistico con annessi commerciali e residenziali, per finire alla cittadella della musica in un’area definita “soggetta a dissesto idrogeologico” e con “deflusso idrico difficoltoso”.
Dati alla mano, la somma dei metri cubi del primo piano d’interventi e dei primi accordi pubblico/privato approvati dalla giunta nel 2009 (199.168mc), più i seguenti 136.222 mc di recente approvazione, fanno un totale di 335.740 mc, che supera di 77.740 mc le previsioni dello stesso PAT (258.000mc di solo volume residenziale)! Mancano all’appello le volumetrie artigianali e commerciali.
L’impatto di questa pioggia di cemento attualmente non viene ancora percepita dai cittadini, ma quando i cantieri inizieranno a moltiplicarsi, Lazise affogherà nel calcestruzzo.
Più in generale, ovunque si parli di PAT, si levano timori e polemiche, tanto che l’acronimo suona meglio come “Piano d’Assalto al Territorio”.
Chi detiene la maggioranza anche se per un pugno di voti, vince tutto: se la suona e se la canta. Il copione è sempre lo stesso, e il PAT diventa un sistema di distribuzione di favori riservati ad una piccola cerchia di fortunati, in virtù di una democratica delega in bianco ottenuta dalle urne e quasi mai tradotta in democrazia partecipativa.
Vediamo il recente caso di Marano di Valpolicella, comune a vocazione vitivinicola come Lazise e Bingen, ed altrettanto ricco di storia e bellezze naturali e paesaggistiche: opposizioni informate del testo 2 giorni prima dell’approvazione da parte della maggioranza; relazioni copia-incolla dal PAT di Brognoligo anziché Longare com’è successo a Lazise.
Eppure all’indomani dell’approvazione del PAT nel 2009 a Lazise ci fu una straordinaria ed unitaria risposta della cittadinanza, associazioni e opposizioni, che, in una bella prova di partecipazione civica, portò alla presentazione di 125 osservazioni puntuali e circostanziate, che però vennero tutte rigettate dalla Provincia e dal Sindaco nella conferenza dei servizi.
La documentazione del PAT fu trasmessa in Regione nel 2010 alla fine del mese di Febbraio ed approvata il mese successivo: nello stesso giorno la Giunta Regionale ha esaminato la documentazione ed ha acquisito il parere della Commissione Tecnica! Da qui si capisce quanto Lazise a distanza di secoli sia ancora nel cuore dell’ex Serenissima Repubblica di Venezia.
Attilio Romagnoli
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