Di quelli che confondono scienza e tecnologia e poi ci impartiscono lezioni (non richieste)
“Questa mattina debbo togliere del tempo al trapianto di ottime cipolle, alla preparazione della terra per le semine e alle mille altre faccende di questo periodo che, in un’azienda contadina, richiedono molta cura, conoscenze ed attenzione. Devo negare tempo a tutto ciò per reagire all’ormai assiduo argomentare e pontificare di quanti vogliono farci credere che chi si oppone ai prodotti realizzati usando le NBT faccia parte del “crescente clima antiscientifico”, nonostante spesso siano proprio quelle argomentazioni ad essere frutto di ignoranza scientifica”.
L’Informatore agrario (IA, pag.5- N. 35. 5 ottobre 2017), nell’editoriale di Antonio Boschetti, riporta una serie di sue affermazioni che, ahimè, sono prive di evidenze scientifiche. Ma cominciamo con ordine, ripercorrendo alcune di queste affermazioni.
“Il mondo scientifico – di cui l’Informatore agrario evidentemente ritiene di essere un “journal” – è unanime nel ritenere che (i prodotti delle NBT) non portano a ottenere OGM”. Non sa o, pur sapendo, non ricorda che proprio su questo punto un gruppo di “esperti” (cioè scienziati identificati dalla Commissione europea e dagli Stati membri) è stato impegnato in un lavoro dal 2007 al 2012 ma, a causa di un “Lack of consensus” i lavori non sono mai stati resi noti ai cittadini europei: “Report not made publicly available”.
A questo proposito scrive Jennifer Doudna[1]: “This really underscores the fact that we don’t know enough about nature to anticipate all the ways that nature has come up with to manipulate DNA. Nature’s had a lot longer than we have to be tinkering. We really need fundamental research to uncover those basic mechanisms that drive the development of technologies in the future.”[2]
Molto più banalmente, l’editoriale non ricorda neanche la definizione di Organismo Vivente Modificato contenuto nel Protocollo di Carthagena[3] (Convenzione sulla diversità biologica – CBD, trattato obbligatorio sottoscritto dall’Italia) che stabilisce che “tout organisme vivant possédant une combinaison de matériel génétique inédite obtenue par recours à la biotechnologie moderne» (in francese nel testo della legge pubblicato sulla gazzetta), sia identificato come OVM.
Sostiene poi Emmanuelle Carpenter[4] “for some applications, there is still the problem of the so-called mutations “off-target”- i.e. unintended-, which may never be completely excluded.”[5]
Doudna e Carpenter certo non possono essere annoverate nella lista di quanti fanno parte del “crescente clima antiscientifico” (Editoriale IA). Inoltre ricordiamo che nel progetto promosso dal CREA sulle NBT e approvato dal governo con un sostanzioso finanziamento di 21 milioni di € malgrado le perplessità del parlamento, si fa spesso riferimento a risultati “off-target“, mentre l’affermazione di Doudna mette direttamente in discussione la natura “libera e fondata su solide basi scientifiche” degli operatori dell’informazione “esterefatti” a cui fa riferimento l’editoriale dell’IA.
Sono diversi gli scienziati che si oppongono alla confusione tra scienza e tecnologia, che sostengono che i prodotti delle NBT vadano trattati come OVM e che per questo debbano essere applicate le disposizioni relative agli “OGM” con una particolare attenzione in caso di immissione nel mercato o coltivazione.
Scrive Yves Bertheau[6]: “…Parti di DNA non codificate molto grandi, ad es.: 95% umano (dal “DNA spazzatura” a una nuova Terra in incognita” ricordandoci che – parlando di prodotti delle NBT – ci stiamo avventurando su un terreno in cui le certezze scientifiche sono ancora poche (altro che unanimità del mondo scientifico!).
In conclusione “Che si tratti di salute o ambiente, l’utilizzo dei fascicoli completi previsti per gli OGM sembrano quindi il minimo necessario per valutare i potenziali rischi di queste tecniche in sviluppo da oltre 10 anni e per preparare un follow-up efficace post-commercializzazione (specifico e di sorveglianza generale)“.[7]
Ciò non costerebbe neanche molto, malgrado quello che sostengono le imprese che hanno interessi economici in questo settore e non certo nel futuro dell’agricoltura italiana.[8]
Ieri sera, a seguito dell’ennesima presentazione delle NBT come la risposta alle sfide del futuro, come panacea per le paure e l’inadeguatezza delle politiche alimentari occidentali, torniamo a porre le stesse domande a cui ancora non è stata data una vera ed esaustiva risposta. Se i prodotti delle NBT non sono “OVM/OGM”, si pretenderà comunque la brevettazione sui prodotti? E se fosse vera l’impossibilità di distinguere i prodotti delle NBT da quelli della mutagenesi spontanea, come sostenuto da molti, perché ai primi si dovrebbe accordare un privilegio brevettuale? Forse ciò aprirebbe le porte ad una brevettabilità di massa senza limiti?
Anche oggi dobbiamo scontrarci con mala informazione e interessi di parte. Come sempre continueremo a lavorare per tutelare i contadini e il loro quotidiano lavoro che,lentamente e per secoli, grazie ad un lavoro in sinergia con l’ambiente e non contro di esso, conservano la biodiversità e con lei la possibilità di nutrirci.
[1] Jennifer Doudna è stata una figura di spicco in quella che viene spesso definita la “Rivoluzione CRISPR”; scienziata molto nota per i suoi primi lavori e la sua leadership costante nello sviluppo dell’editing del genoma mediato dal CRISPR.
[2] “Ciò sottolinea davvero il fatto che non conosciamo abbastanza la natura per anticipare tutti i modi in cui la natura reagirà a seguito di una manipolazione del DNA. La natura ha avuto molto più tempo di quanto ne abbiamo noi per maneggiarla. Abbiamo davvero bisogno di ricerche fondamentali per scoprire quei meccanismi di base che guidano lo sviluppo delle tecnologie in futuro.”
[3] Il Protocollo di Cartagena è stato ratificato dall’Italia con la legge n. 27 del 15 gennaio 2004. Al suo articolo 3, rubricato “uso dei termini”, gli organismi viventi modificati sono definiti come: “qualsiasi organismo vivente che possiede una nuova combinazione di materiale genetico ottenuta attraverso l’uso di biotecnologia moderna”.
[4] Emmanuelle Marie Charpentier, professoressa e ricercatrice di microbiologia, genetica e biochimica. Dal 2015 è direttrice del Max Planck Institute for Infection Biology.
[5] “Per alcune applicazioni, esiste ancora il problema delle cosiddette mutazioni “off-target” – ovvero mutazioni involontarie – che potrebbero non essere mai completamente escluse.”
[6] Yves Bertheau è direttore della ricerca presso l’INRA di Versailles e coordinatore del programma europeo CoExtra.
[7] “…Whether this is for health or the environment, complete dossiers as for GMO therefore appears as the minimum to be required to evaluate the potential risks of these techniques in development for over 10 years and to prepare effective follow-up post-marketing (specific and general surveillance)”.
[8] A questo proposito si veda l’intervista al presidente di DuPont Pioneer su http://www.cimmyt.org/a-chat-with-dupont-pioneer-president-points-to-technology-to-boost-yields/ ( di Matthew O’Leary / September 21, 2016).